L’ANGOLO DEI PERCHE’ (Polpettide)

opera948_museo_madre“Ho cominciato a dar calci al pallone per non cadere sull’ asfalto di un campo da gioco operaio. Per rimanerci in piedi, anche se ero solo un bambino, in quel “campo”. Un campo senza erba o terra, un campo d’asfalto.”
(A.Prunetti, Amianto, ed. Agenzia X 2012)

Eccoci arrivati alla nona edizione di “calci dal basso”. Nove anni non ci sembrano pochi per un piccolo torneo di calcio a cinque autogestito. Il nostro torneo però, non prende le mosse dai campi ufficiali della FIGC. Se si volesse rintracciare un luogo, un origine, dove l’idea del nostro torneo esisteva già prima che questo nascesse, dovremmo sicuramente guardare alla “strada”. A quei campetti in asfalto o cemento, ai bordi degli oratori o dei circoli arci ed ope- rai. Ai campetti improvvisati, su cortili o parcheggi fra casermoni di periferia, o nelle piazze lastricate di pietra di qualche paesino di provincia.

In quei campetti, dove era facile “rovinarsi”, franare, sbucciarsi, in quei terreni da gioco inospitali e tremendi anche per le caviglie più allenate. Quei campetti nei quali l’accesso non era regolato dall’età anagrafica, ma dalla tua capacità di restare in piedi, di farti “volere”, di indovinare il passaggio giusto o il gol “di culo”. E comunque era un gol. Se è da questi campetti che sentiamo provenire il nostro torneo, ne consegue cha da questi luoghi di “calcio dal basso”, derivino alcune “regole” o meglio modalità di gioco, che lo caratterizzano. In questa rubrica, nei prossimi numeri, cercheremo di ricordare e spiegare le caratteristiche principali di questo strambo torneo.

L’arbitro che non c’è.

Crediamo che siano pochi quelli che possano vantarsi di aver fatto l’arbitro nei campetti di strada. Troppa la voglia di giocare, troppa la responsabilità di doversi arrogare il diritto di giudicare in tempo reale il giusto e lo sbagliato. Certo spesso le partite senza arbitro finivano in rissose discussioni, dove non mancavano calci sugli stinchi a palla ferma o fragorosi scapaccioni. Oppure partite interrotte dal “bimbo gigi” di turno, che all’ennesimo inesistente rigore negato decide, fra gli insulti di tutti, di portare via l’unico pallone decente. L’arbitro, figura contrastata anche nel calcio ufficiale, definito da Gianni Brera un “prepotente… che insiste nel ritenere che la legge va rispettata a costo di infastidire il prossimo”. Noi l’arbitro quindi non ce lo abbiamo.

Calci dal basso, si svolge nei campi di una casa, il “Ceccorivolta”, occupata ormai da tredici anni. Una esperienza all’interno della quale si è sempre tentato di applicare alla vita reale i principi dell’autogestione. Anche in campo, si è cercato quindi di non delegare ad una figura terza la gestione del gioco. Ogni squadra deve prendersi le proprie responsabilità durante la partita, nel tentativo di autogestire nella maniera più orizzontale possibile l’incontro con l’avversario di turno.

Certo non è un meccanismo perfetto, le discussioni sono molto accese, ma qui il pallone è di tutti e la partita continua comunque. In otto anni, anche se a volte sfiorata, la rissa non si è mai scatenata, al contrario di quanto spesso accade nei campi di gioco ufficiali.

Un bell’articolo di Jhoon Foot sulla figura dell’arbitro in Italia lo potete trovare sul blog di futbologia qui

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